L’atleta affetto da lombalgia, con o senza radicolopatia, presenta all’attenzione del medico una complessa diagnosi differenziale che comprende:
- lo stiramento muscolare /legamentoso la sindrome da overuse
- una lesione discale lombare (da lacerazione dell’annulus, sindrome dolorosa discogena o una ernia discale)
- una lesione – nell’adolescente – dell’anello apofisario
- una frattura da stress (per esempio, una spondilolisi o una frattura sacrale da stress)
- una spondilolisi o spondilolistesi
- una frattura lombare minore (per esempio una frattura del processo trasverso) una frattura lombare maggiore (con eventuale instabilità o deficit neurologico) degenerazione del disco intervertebrale
- stenosi del canale spinale lombare
- una sottostante malattia grave della colonna vertebrale (discite/osteomielite, o una neoplasia)
- infine, alterazioni non rachidee che mimano una patologia spinale.
Secondo l’età dell’atleta troviamo situazioni patologiche più frequenti. Negli adolescenti le diagnosi più frequenti, dopo una lesione correlata con l’attività atletica, sono lo stiramento lombare, la spondilolisi/spondilolistesi, le lesioni del disco intervertebrale e le sindromi da overuse. Nell’atleta adulto la DD prende in considerazione lo stiramento lombare, le sindromi dolorose discogene, le ernie del disco e la stenosi spinale.
Certi casi di dolore lombare, con o senza sofferenza radicolare, dipendono da specifiche attività sportive. Per esempio, nel calcio, la spondilolisi, l’ernia discale, lo stiramento lombare, la degenerazione del disco. Nella corsa la frattura sacrale da stress. Nello sci, le fratture lombari.
ITER DIAGNOSTICO
E’ necessario raccogliere una dettagliata anamnesi dell’atleta e sottoporlo all’esame obbiettivo per poi procedere con il workup diagnostico, allo scopo di caratterizzare la sindrome clinica di esordio e identificare la sorgente del dolore. Nella raccolta anamnestica vi sono alcuni punti importanti:
- causa dell’infortunio e durata dei sintomi
- il momento del giorno in cui il dolore è peggiore
- livelli del dolore durante attività differenti, per esempio durante il cammino, in posizione seduta o nello stare in piedi
- l’effetto sul dolore – della manovra di Valsalva, la tosse e lo starnuto
- la percentuale del dolore lombare/dolore dell’arto inferiore (dolore assiale /dolore radicolare)
- presenza di qualsiasi disturbo intestinale o vescicale.
Durante l’esame obbiettivo alcuni punti rivestono particolare rilevanza:
- manovre e posizioni che riproducono il dolore (flessione, estensione, rotazione) presenza di segni di irritazione dello sciatico presenza di deficit neurologico
- rigidità lombare e dell’arto inferiore o perdita del range of motion
- sede precisa della dolorabilità, l’eventuale irradiazione del dolore , presenza di parestesie. Il workup diagnostico.
Nel caso di dolore radicolare:
- radiografia diretta
- RM del tratto lombare per diagnosticare una compressione radicolare da ernia discale, tessuto molle o strutture ossee. Se la causa del dolore resta problematica si effettuerà una TC o una MIELO-TC.
- Per differenziare una lesione nervosa periferica da una radicolopatia è necessaria
- l’elettromiografia e lo studio della velocità di conduzione nervosa.
Nel caso di dolore lombare predominante si inizia con una radiografia diretta. Se le radiografie sono negative, si passa a studi avanzati di imaging. Nel sospetto di una frattura della pars interarticolare, o nel sospetto di lesioni dei tessuti molli è indicata la risonanza magnetica che evita una sostanziale esposizione alle radiazioni ionizzanti legata alla TC. Lo scopo del workup è la diagnosi della sindrome clinica responsabile dei sintomi e la localizzazione della fonte del dolore.
Le sindromi cliniche di riscontro più frequente sono:
1) Lombalgia o dolore all’arto inferiore non meccanico: l’attività lo influenza pochissimo, è di solito peggiore di notte o nel primo mattino.
2) Lombalgia o dolore all’arto inferiore meccanico: risente molto dell’attività ed è alleviato dal riposo
3) Sciatica: dolore prevalentemente radicolare; positività dei segni di stiramento radicolare con o senza deficit neurologici.
4) Claudicatio neurogena: il dolore si irradia alla gamba o al polpaccio, segni di stiramento dello sciatico assenti; peggioramento nello stare in piedi e durante l’estensione spinale; sollievo in flessione e in posizione seduta.
Una attenzione particolare va riservata alle FRATTURE LOMBARI. Le fratture minori sono le più frequenti. Esse si verificano come risultato di un impatto a bassa energia o in seguito ad un carico spinale ripetitivo cronico. Le fratture minori non comportano instabilità spinale. Esse possono riguardare la pars interarticolare, i processi trasversi, i processi articolari o i processi spinosi. La maggior part non richiede un intervento chirurgico. Le fratture maggiori coinvolgono soprattutto la giunzione toraco-lombare (T11-T12). Le fratture maggiori instabili o associate a deficit neurologici richiedono un trattamento chirurgico, non necessario nelle fratture stabili.
Un problema interessante è rappresentato dall’ernia del disco sintomatica secondaria ad un trauma sportivo in un atleta.
La prognosi è favorevole e molti atleti sono in grado di ritornare a praticare sport di contatto dopo una adeguata terapia fisica ed un programma riabilitativo, anche nel caso di terapia chirurgica. Quando è necessario l’intervento, la procedura di scelta è la discectomia lombare microscopica.
SPONDILOLISI
La spondilolisi rappresenta una delle più frequenti cause di lombalgia nei bgiovani atleti. Le lesioni possono andare da un difetto incompleto della pars interarticolare, difetti unilaterali della pars
fino a difetti bilaterali della pars. Le discipline sportive con elevate percentuali di casi sono il nuoto olimpico (43%), il sollevamento pesi (23%) e la ginnastica a corpo libero (16%). Nel football americano l’incidenza varia dal 15% al 50%. ciò implica un elevato sospetto clinico, specie negli atleti con lombalgia persistente refrattaria al trattamento o peggiorata dalla terapia fisica.
Il piano terapeutico per un atleta affetto da spondilolisi inizia con il riposo o la limitazione dell’attività sportiva sufficiente ad alleviare i sintomi. Quindi, l’atleta può o stoppare lo sport o portare un corsetto lombosacrale. Non esiste uno specifico metodo di immobilizzazione. Dopo un periodo di limitazione dell’attività o di immobilizzazione si inizia un programma di stabilizzazione del tronco in posizione neutra, sotto la guida di un trainer o fisioterapista esperto. Il trattamento non chirurgico della spondilolisi acuta è efficace nell’80% degli atleti indipendentemente dalla evidenza di guarigione della pars interarticolare. Nei pazienti con lombalgia persistente nonostante un adeguato programma di stabilizzazione si prende in considerazione l’intervento chirurgico, che deve considerare il grado di maturità scheletrica. Nell’atleta adulto l’intervento è rappresentato dalla fusione spinale.
Un problema di particolare rilevanza è rappresentato dalla possibilità che l’atleta nel quale è stata posta diagnosi di spondilolisi e spondilolistesi istmica possa continuare a praticare l’attività sportiva.
Gli atleti richiedono, in assenza di criteri basati sull’evidenza, una valutazione su base individuale. Vi sono prove a sostegno della tesi secondo la quale gli atleti con spondilolisi e spondilolistesi possono continuare la loro pratica sportiva sulla base dell’elevata incidenza di spondilolisi e spondilolistesi (grado 1 e 2).
Semon e spengler hanno notato che il 21% dei giocatori di football a livello di college affetti da lombalgia avevano una spondilolisi . in questi giocatori sintomatici non vi era alcuna differenza nel tempo di non attività sportiva rispetto ad atleti affetti da lombalgia ma senza dimostrazione radiologica di spondilolisi.
Un altro studio ha dimostrato che la spondilolistesi non riduce in modo significativo la possibilità di giocare nella national football league in ogni ruolo. Gli atleti affetti da spondilolistesi di grado elevato (grado 3 e 4) hanno scarse possibilità di partecipare ad attività sportive di livello elevato. Non vi sono criteri strutturati che guidano il ritorno al gioco (sport di contatto e collisione) in atleti operati per spondilolisi e spondilolistesi. Secondo alcuni il ritorno non è possibile mentre secondo altri gli atleti possono tornare a partecipare ad incontri sportivi senza restrizioni.
RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO DISCECTOMIA.
I criteri generali per il ritorno alla pratica sportiva dopo interventi di decompressione comprendono:
1) Risoluzione dei sintomi pre-operatori
2) Pieno recupero della mobilità
3) Obbiettività neurologica normale
4) Completamento efficace di un programma riabilitativo strutturato.
La maggior parte degli atleti operati di discectomia lombare può ritornare allo sport. Al fine di consentire la guarigione dell’annulus, che evita la recidiva di ernia discale, devono trascorrere da 6 a 12 settimane.
RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO INTERVENTO PER STENOSI LOMBARE.
In generale, molti neurochirurghi/chirurghi ortopedici consentono il ritorno all’attività sportiva dopo trattamento della stenosi lombare mediante laminectomia o laminotomia, sebbene in certi casi con limitazioni.
RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO INTERVENTI DI FUSIONE SPINALE LOMBARE E TORACO-LOMBARE.
I dati disponibili sono scarsi. Secondo uno studio della NORTH AMERICAN SPINE SOCIETY sulla partecipazione allo sport dopo fusione spinale l’80% ritorna ad attività sportive (scuola superiore),
62% ad attività a livello universitario e solo il 18% in attività sportive professionali. I criteri per il rientro sono:
1) Fusione solida su base clinica e radiologica
2) Range of motion pressochè normale, con normale forza muscolare.
Le decisioni di ritorno a giocare devono essere prese sull’analisi di ogni singolo caso, considerando vari fattori quali il numero dei livelli fusi, la possibilità di un aumentato stress ai livelli adiacenti alla fusione ed il completamento di un pieno programma riabilitativo.
RIABILITAZIONE
Poco dopo l’intervento chirurgico si inizia un programma fondamentale isometrico coordinato in posizione neutra. Il punto importante del programma fondamentale di stabilizzazione è usare gli esercizi di equilibrio e di coordinazione per allenare i muscoli essenziali a proteggere in modo dinamico la colonna vertebrale durante le funzioni necessarie per l’attività sportiva.
Questo programma aiuta ad attenuare il rischio di future lesioni spinali.
Il programma di stabilizzazione prevede 5 livelli di addestramento basati sulla capacità dell’atleta di eseguire esercizi in 8 categorie:
1) Esercizi di isometria per la muscolatura addominale
2) Addominali
3) Ponte
4) Prono
5) Quadrupede
6) Esercizi per le spalle
7) Palla
8) Esercizi aerobici.
FATTORI OBBIETTIVI PER IL RITORNO A GIOCARE DOPO LESIONE SPINALE O CHIRURGIA SPINALE.
Le decisioni sono complesse e devono essere individualizzate caso per caso. Si prendono in
considerazione l’età dell’atleta, la patologia spinale, il tipo di intervento chirurgico (fusione o decompressione), fattori radiografici, tipo di attività sportiva.
L’atleta è pronto per riprendere l’attività sportiva se:
1) Ha completato ad un livello adeguato il programma di stabilizzazione del tronco
2) Ha completato gli esercizi specifici dello sport praticato
3) Ha raggiunto un livello appropriato di condizionamento aerobico per quello sport
4) Se pratica lo sport a tempo pieno
5) Se ritorna in progressione con limiti dei minuti giocati
6) Se si impegna a proseguire gli esercizi di stabilizzazione dopo il ritorno all’attività sportiva.
FRATTURA SACRALE DA STRESS.
La frattura sacrale da stress si presenta con lombalgia, dolore gluteo o coxalgia.
L’esordio può essere acuto o insidioso. La ritroviamo molto frequentemente nei maratoneti ed è più frequente nelle donne. Spesso è presente una dolorabilità in regione sacroiliaca, con poisitività delle manovre provocative. Evoca dolore lo stare in piedi sulla gamba del lato colpito. Le radiografie dirette non sono sufficientemente sensibili per consentire di diagnosticare fratture precoci da stress. La modalità di imaging di scelta è la risonanza magnetica, mentre la TC è meno sensibile della RM.
Terapia: limitazione dell’attività, comprendente un periodo di astensione dal portare pesi, seguito da un programma riabilitativo.
Si possono prendere in considerazione esami di laboratorio per valutare osteopatie metaboliche: calcemia, fosfatemia, fosfatasi alcalina, ormone paratiroideo, vitamina D e TSH.
Il trattamento è non chirurgico, periodo di riposo seguito dal ritorno ad una attività a basso impatto fino a riprendere la normale attività atletica.
La prognosi è buona e gli atleti tornano di solito allo sport dopo 8 settimane.