Lun-Ven: 07:30-12:30; 15:00-19:00 - Sab: 7:00-9:30Chiamaci+39 0521 133 0104

Approfondimenti

rassoda-ilcorpo-viss.jpg

Il sistema ViSS, terapia meccano-sonora.

ViSS è una terapia basata sull’azione meccanica e sonora delle vibrazioni, che in zone muscolari localizzate permette:

  • l’ottimizzazione del tono muscolare
  • l’aumento della forza muscolare e della resistenza al carico muscolare
  • miglioramento della coordinazione
  • un aumento dei carichi di allenamento
  • la salvaguarda dell’insorgere di problematiche muscolari
  • in caso di traumi, il rapido recupero della performance

 

Come funziona la terapia ViSS

Come sappiamo, la propiocezione rappresenta la capacità del sistema nervoso centrale di percepire la posizione del corpo e delle sue parti, nonchè della contrazione muscolare dei diversi distretti corporei e del movimento nello spazio, anche senza l’apporto della vista.

Questo avviene grazie alle informazioni che il sistema nervoso centrale riceve. Informazioni dello stato spaziale dell’individio, dell’ambiente che lo circonda, delle situazioni di pericolo di ciò con cui il soggetto viene in contatto attraverso un certo numero di recettori: acustici, visivi, tattili, del dolore. Questi recettori sensoriali sono costituiti da terminazioni nervose che hanno il ruolo di informare l’individuo preventivamente in merito a tutto ciò che accade. I nocicettori, per esempio, hanno la particolare caratteristica di essere sensibili sia a stimoli fisici, quali possono essere un’intensa pressione, temperature potenzialmente nocive per l’organismo, oppure a stimoli chimici.

l’informazioni che arriva, o meglio parte, dai noccicettori non è inviata immediatamente direttamente al cervello, le fibre passano infatti attraverso un primo relè a livello del midollo spinale, poi a un secondo a livello del talamo. Possiamo dire che gli impulsi propriocettivi afferenti vengono rappresentati al sistema nervoso centrale principalmente dalla vibrazione che è responsabile degli impulsi biochimici.

La percezione dello stimolo vibratorio meccano-sonoro viene trasferito al corpo umano, seguendo il principio di trasmissione meccanico del pendolo di Newton. Lo strato di grasso sottostante è un indesiderato antagonista. Più importante è tale strato maggiore è l’importanza dell’intensita dello stimolo meccanico che la vibrazione meccano-sonora deve produrre, dato che i corpuscoli del Pacini, i recettori meccanici al nostro scopo più significativi, sono nello strato profondo del grasso e nelle giunzioni muscolo-tendinee.

La frequenza della vibrazione è correlata alla frequenza di scarica, ossia alla potenza del segnale che il singolo recettore emette.

Il numero di recettori attivati è invece strettamente correlato all’intensità dello stimolo, dalla potenza del segnale afferente e dal numero di trasmissioni di questi segnali, dipenderà la risposta efferente; dalla intensità di questo impulso dipenderà il numero dei motoneuroni attivati, quindi del numero di fibre attive, del miglioramento e della coordinazione della forza e della resistenza. Valori che dopo vibrazione migliorano, ormai è senza alcun dubbio, anche come valore assoluto della singola fibra, innalzando in modo assai veloce e per lungo tempo le capacità fisiche di qualsiasi soggetto, sia sano che da riabilitare.

L’effetto antalgico del nostro strumento viene già documentato al congresso mondiale “Pain” sulla terapia del dolore, tenutosi a Washington nell’agosto 2007.

Messi a confronti, quattro somministrazioni di lidocaina iniettabile con 4 di vibrazione, ViSS ha dimostrato la sua maggiore efficacia.

Lo spegnimento dei punti di dolore cigra point è veramente rapido. Nel cronico dopo la terapia rimane un leggere indolenzimento che tende a riacutizzarsi il giorno successivo ma in modo più lieve che seduta dopo seduta va completamente spegnendosi. È importante relazionarsi con il paziente durante la terapia.

Per il cronicizzato, al paziente viene richiesto di effettuare alcuni movimenti al fine di evocare il dolore attivando i punti cigra, che la vibrazione riesce rapidamente a ridurre di intensità decontraendo il muscolo e rendendolo alla sua normale elasticità Gli effetti conseguibili sono imputabili all’effetto busy line o effetto cancelletto, all’effetto digito pressiorio e ad altri effetti tutt’ora in esame.

 

 


artrosi-cervicale-.jpg

La storia naturale della maggior parte delle affezioni cervicali spondilosiche di tipo non mielopatico è favorevole. Nel caso della sofferenza radicolare cervicale l’outcome è parimenti favorevole. In uno studio di lungo follow up (da 2 a 19 anni) in un gruppo di 50 pazienti, il 43% ebbe un unico episodio di dolore senza recidiva, il 30% ebbe sintomi modesti e solo il 25% ebbe sintomi persistenti o un peggioramento. Sulla base di questo studio e dell’esperienza clinica e poiché è impossibile identificare – all’inizio dei sintomi – i pazienti che miglioreranno e quelli che non miglioreranno, in generale il trattamento iniziale dei pazienti affetti da radicolopatia cervicale è conservativo.

La chirurgia trova posto per i pazienti con deficit neurologici, inabilità progressiva o quando non vi è alcun miglioramento dopo la terapia conservativa. Occorre precisare che a tutt’oggi non vi è alcuna standardizzazione della terapia conservativa, sia come durata che come regime.

Non sappiamo se la terapia conservativa migliori la storia naturale della malattia e non esistono studi controllati che siano in grado di dirci se le varie modalità di trattamento (terapia fisica, trazioni cervicali, farmaci, manipolazioni e l’immobilizzazione) siano migliori della storia naturale, cioè del non fare nulla.

Ci sono fattori che influenzano la storia naturale della spondilosi cervicale. E’ stato documentato che il fumo rappresenta un fattore di rischio per il dolore cervicale in quanto accelera la degenerazione discale e del tessuto connettivo. A ciò può condurre anche la tipologia lavorativa che comporti eccessivi movimenti del collo o al di sopra del capo o la presenza di macchinari con vibrazioni.

Al contrario di quanto succede per le radicolopatie, si considera in generale come malattia chirurgica la mielopatia cervicale poiché l’andamento temporale è progressivo. Inoltre, la chirurgia offre migliori risultati funzionali e neurologici rispetto alla terapia conservativa della mielopatia. La chirurgia – effettuata nella fase iniziale della mielopatia- migliora la prognosi perché limita l’estensione del danno midollare irreversibile.

Il trattamento conservativo della mielopatia viene riservato ai pazienti con disturbi modesti (ed in questi casi il follow up deve essere molto scrupoloso) o per quelli con fattori di rischio chirurgico molto elevati.

Scopi della terapia conservativa

Gli scopi immediati della terapia conservativa sono il controllo del dolore ed il miglioramento della qualità di vita giornaliera. E’ inoltre importante aiutare il paziente a capire il suo problema e cosa aspettarsi in futuro.

Nel paziente con un problema acuto, la prima preoccupazione è quella di sedare il dolore. La prima linea di difesa è la terapia farmacologica, però parimenti importante è evitare che il rachide cervicale resti immobile per troppo tempo e che il paziente sia terrorizzato che qualsiasi movimento possa scatenare nuovamente o peggiorare i sintomi.

Se persistono dolore e inattività la situazione diviene cronica.

COLLARE,IMMOBILIZZAZIONE e RIPOSO: l’immobilizzazione del collo attenua la flogosi intorno ad una radice irritata e diminuisce lo spasmo muscolare. E’ vantaggioso portarlo anche di notte per mantenere un corretto allineamento cervicale. E’ meglio il collare soffice. Non deve essere impiegato per più di 2 settimane.

FREDDO E CALDO: in fase acuta (dolore acuto e spasmo) per un rapido sollievo usare impacchi con ghiaccio. Quando riprende il movimento muscolare, il caldo risulta maggiormente benefico.

TRAZIONI: i pareri sono contrastanti e non vi sono prove che dia vantaggi sul lungo periodo. Si possono comunque effettuare in fase acuta, col collo in flessione. Sono da evitare nel paziente affetto da mielopatia spondiloartrosica.

FARMACI: i farmaci di più frequente impiego sono in FANS, il cortisone, gli oppioidi, i miorilassanti e gli antidepressivi.

FANS: tossicità epatica, renale e gastrointestinale. Buoni risultati con l’aspirina e l’ibuprofen. COX-2 inibitori di pari efficacia.

OPPIOIDI: necessari in fase acuta. Da sospendere appena possibile. ANTIDEPRESSIVI e ANTICONVULSIVANTI: l’amitriptilina è l’antidepressivo più frequentemente impiegato per i pazienti affetti da discopatia cervicale. Ha un effetto sul sonno ed un modesto effetto analgesico. Talora si adopera il gabapentin ma resta non chiaro il ruolo di questi farmaci nella radicolopatia acuta cervicale.

CORTICOSTEROIDI: sono efficaci soprattutto nel paziente con brachialgia piuttosto che con cervicalgia.

MIORILASSANTI: provocano sedazione e astenia. Vanno impiegati solo per pochi giorni.

FISIOTERAPIA: è utile il condizionamento aerobico ottenibile con le attività a basso impatto: ciclette e passeggiate. Il paziente dovrebbe compiere attivamente esercizi nel range di movimento ed esercizi di resistenza. E’ importante che il paziente partecipi attivamente al trattamento dei suoi disturbi, comunque sotto la guida di un fisiatra e fisioterapista che pianificano un programma di esercizi che coinvolgono l’intero apparato muscolo-scheletrico, con particolare attenzione alla muscolatura del cingolo scapolare e del collo. Sono soprattutto importanti i muscoli che stabilizzano la scapola: trapezio, deltoidi, gran dorsale e romboidi. In fase post-acuta il paziente deve apprendere semplici esercizi – da effettuare a casa – per il mantenimento del tono muscolare cervicale. La prevenzione delle recidive del dolore riguarda anche l’educazione posturale, accorgimenti di tipo ergonomico e modificazioni delle abitudini di vita: fumo, obesità. Rivestono importanza anche fattori psicologici (depressione).

MANIPOLAZIONI CERVICALI: non vi sono prove concrete dell’efficacia della terapia manipolativa per il trattamento della radicolopatia cervicale. Si comprende poco sul possibile meccanismo di azione. Possibile rischio di complicanze vascolari o midollari. Non trovano indicazione di routine nei casi di radicolopatie cervicali e devono essere evitate nel paziente affetto da mielopatia cervicale. E’ necessario – prima di cominciare la terapia manipolativa – uno screening radiologico che escluda situazioni di instabilità. Rappresentano controindicazioni assolute: fratture/lussazioni cervicali, infezioni, neoplasie maligne, spondilolistesi, mielopatia, ipermobilità vertebrale, sindrome di Marfan, osteoporosi, spondilo artropatie, diabete mellito di grado severo, terapia anticoagulante e segni obbiettivi di compromissione radicolare.

TERAPIA STEROIDEA INIETTIVA: l’infiltrazione epidurale trova indicazione sporadica perché i rischi sono maggiori che a livello lombare. Mancano studi prospettici e controllati. Una variante dell’infiltrazione epidurale è il blocco radicolare selettivo, con risultati favorevoli nel 50%-60%. Sebbene molto rare, possono esservi complicanze: puntura della dura, meningite, ascesso peridurale, emorragia intraoculare, inibizione corticosurrenalica, ematoma epidurale. Una complicanza disastrosa è la lesione midollare intrinseca da penetrazione dell’ago.

CONSIDERAZIONI: il trattamento conservativo è largamente empirico. In mancanza di studi prospettici e controllati ci si deve attenere a prescrizioni che comportino un livello di rischio ragionevolmente basso. Il trattamento non chirurgico deve essere progressivo e graduale, con l’aggiunta di terapie “a gradino” se i sintomi persistono.

In pratica ricorreremo a:

COLLARE E RIPOSO “SHORT TERM” PARACETAMOLO

FANS: IBUPROFENE (è il meglio tollerato), PIROXICAM, KETOPROFENE, INDOMETACINA, NAPROXENE e DICLOFENAC. INIBITORI DELLA CICLO- OSSIGENASI 2 (CELECOXIB, ETORICOXIB, PARECOXIB).

CICLO DI STEROIDI PER OS: PREDNISONE, BETAMETASONE, DEFLAZACORT, METILPREDNISOLONE.

OPPIOIDI SHORT TERM

FISIOTERAPIA INFILTRAZIONI STEROIDEE

I pazienti affetti da dolore cervicale assiale cronico non traggono – in generale – vantaggio né dal trattamento conservativo né da quello chirurgico.


lombalgia_estate1-1.jpg

L’atleta affetto da lombalgia, con o senza radicolopatia, presenta all’attenzione del medico una complessa diagnosi differenziale che comprende:

  • lo stiramento muscolare /legamentoso la sindrome da overuse
  • una lesione discale lombare (da lacerazione dell’annulus, sindrome dolorosa discogena o una ernia discale)
  • una lesione – nell’adolescente – dell’anello apofisario
  • una frattura da stress (per esempio, una spondilolisi o una frattura sacrale da stress)
  • una spondilolisi o spondilolistesi
  • una frattura lombare minore (per esempio una frattura del processo trasverso) una frattura lombare maggiore (con eventuale instabilità o deficit neurologico) degenerazione del disco intervertebrale
  • stenosi del canale spinale lombare
  • una sottostante malattia grave della colonna vertebrale (discite/osteomielite, o una neoplasia)
  • infine, alterazioni non rachidee che mimano una patologia spinale.

Secondo l’età dell’atleta troviamo situazioni patologiche più frequenti. Negli adolescenti le diagnosi più frequenti, dopo una lesione correlata con l’attività atletica, sono lo stiramento lombare, la spondilolisi/spondilolistesi, le lesioni del disco intervertebrale e le sindromi da overuse. Nell’atleta adulto la DD prende in considerazione lo stiramento lombare, le sindromi dolorose discogene, le ernie del disco e la stenosi spinale.

Certi casi di dolore lombare, con o senza sofferenza radicolare, dipendono da specifiche attività sportive. Per esempio, nel calcio, la spondilolisi, l’ernia discale, lo stiramento lombare, la degenerazione del disco. Nella corsa la frattura sacrale da stress. Nello sci, le fratture lombari.

ITER DIAGNOSTICO

E’ necessario raccogliere una dettagliata anamnesi dell’atleta e sottoporlo all’esame obbiettivo per poi procedere con il workup diagnostico, allo scopo di caratterizzare la sindrome clinica di esordio e identificare la sorgente del dolore. Nella raccolta anamnestica vi sono alcuni punti importanti:

  • causa dell’infortunio e durata dei sintomi
  • il momento del giorno in cui il dolore è peggiore
  • livelli del dolore durante attività differenti, per esempio durante il cammino, in posizione seduta o nello stare in piedi
  • l’effetto sul dolore – della manovra di Valsalva, la tosse e lo starnuto
  • la percentuale del dolore lombare/dolore dell’arto inferiore (dolore assiale /dolore radicolare)
  • presenza di qualsiasi disturbo intestinale o vescicale.

Durante l’esame obbiettivo alcuni punti rivestono particolare rilevanza:

  • manovre e posizioni che riproducono il dolore (flessione, estensione, rotazione) presenza di segni di irritazione dello sciatico presenza di deficit neurologico
  • rigidità lombare e dell’arto inferiore o perdita del range of motion
  • sede precisa della dolorabilità, l’eventuale irradiazione del dolore , presenza di parestesie. Il workup diagnostico.

Nel caso di dolore radicolare:

  • radiografia diretta
  • RM del tratto lombare per diagnosticare una compressione radicolare da ernia discale, tessuto molle o strutture ossee. Se la causa del dolore resta problematica si effettuerà una TC o una MIELO-TC.
  • Per differenziare una lesione nervosa periferica da una radicolopatia è necessaria
  • l’elettromiografia e lo studio della velocità di conduzione nervosa.

Nel caso di dolore lombare predominante si inizia con una radiografia diretta. Se le radiografie sono negative, si passa a studi avanzati di imaging. Nel sospetto di una frattura della pars interarticolare, o nel sospetto di lesioni dei tessuti molli è indicata la risonanza magnetica che evita una sostanziale esposizione alle radiazioni ionizzanti legata alla TC. Lo scopo del workup è la diagnosi della sindrome clinica responsabile dei sintomi e la localizzazione della fonte del dolore.

Le sindromi cliniche di riscontro più frequente sono:

1)   Lombalgia o dolore all’arto inferiore non meccanico: l’attività lo influenza pochissimo, è di solito peggiore di notte o nel primo mattino.

2)   Lombalgia o dolore all’arto inferiore meccanico: risente molto dell’attività ed è alleviato dal riposo

3)   Sciatica: dolore prevalentemente radicolare; positività dei segni di stiramento radicolare con o senza deficit neurologici.

4)   Claudicatio neurogena: il dolore si irradia alla gamba o al polpaccio, segni di stiramento dello sciatico assenti; peggioramento nello stare in piedi e durante l’estensione spinale; sollievo in flessione e in posizione seduta.

Una attenzione particolare va riservata alle FRATTURE LOMBARI. Le fratture minori sono le più frequenti. Esse si verificano come risultato di un impatto a bassa energia o in seguito ad un carico spinale ripetitivo cronico. Le fratture minori non comportano instabilità spinale. Esse possono riguardare la pars interarticolare, i processi trasversi, i processi articolari o i processi spinosi. La maggior part non richiede un intervento chirurgico. Le fratture maggiori coinvolgono soprattutto la giunzione toraco-lombare (T11-T12). Le fratture maggiori instabili o associate a deficit neurologici richiedono un trattamento chirurgico, non necessario nelle fratture stabili.

Un problema interessante è rappresentato dall’ernia del disco sintomatica secondaria ad un trauma sportivo in un atleta.

La prognosi è favorevole e molti atleti sono in grado di ritornare a praticare sport di contatto dopo una adeguata terapia fisica ed un programma riabilitativo, anche nel caso di terapia chirurgica. Quando è necessario l’intervento, la procedura di scelta è la discectomia lombare microscopica.

 

SPONDILOLISI

La spondilolisi rappresenta una delle più frequenti cause di lombalgia nei bgiovani atleti. Le lesioni possono andare da un difetto incompleto della pars interarticolare, difetti unilaterali della pars

fino a difetti bilaterali della pars. Le discipline sportive con elevate percentuali di casi sono il nuoto olimpico (43%), il sollevamento pesi (23%) e la ginnastica a corpo libero (16%). Nel football americano l’incidenza varia dal 15% al 50%. ciò implica un elevato sospetto clinico, specie negli atleti con lombalgia persistente refrattaria al trattamento o peggiorata dalla terapia fisica.

Il piano terapeutico per un atleta affetto da spondilolisi inizia con il riposo o la limitazione dell’attività sportiva sufficiente ad alleviare i sintomi. Quindi, l’atleta può o stoppare lo sport o portare un corsetto lombosacrale. Non esiste uno specifico metodo di immobilizzazione. Dopo un periodo di limitazione dell’attività o di immobilizzazione si inizia un programma di stabilizzazione del tronco in posizione neutra, sotto la guida di un trainer o fisioterapista esperto. Il trattamento non chirurgico della spondilolisi acuta è efficace nell’80% degli atleti indipendentemente dalla evidenza di guarigione della pars interarticolare. Nei pazienti con lombalgia persistente nonostante un adeguato programma di stabilizzazione si prende in considerazione l’intervento chirurgico, che deve considerare il grado di maturità scheletrica. Nell’atleta adulto l’intervento è rappresentato dalla fusione spinale.

Un problema di particolare rilevanza è rappresentato dalla possibilità che l’atleta nel quale è stata posta diagnosi di spondilolisi e spondilolistesi istmica possa continuare a praticare l’attività sportiva.

Gli atleti richiedono, in assenza di criteri basati sull’evidenza, una valutazione su base individuale. Vi sono prove a sostegno della tesi secondo la quale gli atleti con spondilolisi e spondilolistesi possono continuare la loro pratica sportiva sulla base dell’elevata incidenza di spondilolisi e spondilolistesi (grado 1 e 2).

Semon e spengler hanno notato che il 21% dei giocatori di football a livello di college affetti da lombalgia avevano una spondilolisi . in questi giocatori sintomatici non vi era alcuna differenza nel tempo di non attività sportiva rispetto ad atleti affetti da lombalgia ma senza dimostrazione radiologica di spondilolisi.

Un altro studio ha dimostrato che la spondilolistesi non riduce in modo significativo la possibilità di giocare nella national football league in ogni ruolo. Gli atleti affetti da spondilolistesi di grado elevato (grado 3 e 4) hanno scarse possibilità di partecipare ad attività sportive di livello elevato. Non vi sono criteri strutturati che guidano il ritorno al gioco (sport di contatto e collisione) in atleti operati per spondilolisi e spondilolistesi. Secondo alcuni il ritorno non è possibile mentre secondo altri gli atleti possono tornare a partecipare ad incontri sportivi senza restrizioni.

RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO DISCECTOMIA.

I criteri generali per il ritorno alla pratica sportiva dopo interventi di decompressione comprendono:

1)   Risoluzione dei sintomi pre-operatori

2)   Pieno recupero della mobilità

3)   Obbiettività neurologica normale

4)   Completamento efficace di un programma riabilitativo strutturato.

La maggior parte degli atleti operati di discectomia lombare può ritornare allo sport. Al fine di consentire la guarigione dell’annulus, che evita la recidiva di ernia discale, devono trascorrere da 6 a 12 settimane.

 

RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO INTERVENTO PER STENOSI LOMBARE.

In generale, molti neurochirurghi/chirurghi ortopedici consentono il ritorno all’attività sportiva dopo trattamento della stenosi lombare mediante laminectomia o laminotomia, sebbene in certi casi con limitazioni.

 

RITORNO ALLA PRATICA SPORTIVA DOPO INTERVENTI DI FUSIONE SPINALE LOMBARE E TORACO-LOMBARE.

I dati disponibili sono scarsi. Secondo uno studio della NORTH AMERICAN SPINE SOCIETY sulla partecipazione allo sport dopo fusione spinale l’80% ritorna ad attività sportive (scuola superiore),

62% ad attività a livello universitario e solo il 18% in attività sportive professionali. I criteri per il rientro sono:

1)   Fusione solida su base clinica e radiologica

2)   Range of motion pressochè normale, con normale forza muscolare.

Le decisioni di ritorno a giocare devono essere prese sull’analisi di ogni singolo caso, considerando vari fattori quali il numero dei livelli fusi, la possibilità di un aumentato stress ai livelli adiacenti alla fusione ed il completamento di un pieno programma riabilitativo.

 

RIABILITAZIONE

Poco dopo l’intervento chirurgico si inizia un programma fondamentale isometrico coordinato in posizione neutra. Il punto importante del programma fondamentale di stabilizzazione è usare gli esercizi di equilibrio e di coordinazione per allenare i muscoli essenziali a proteggere in modo dinamico la colonna vertebrale durante le funzioni necessarie per l’attività sportiva.

Questo programma aiuta ad attenuare il rischio di future lesioni spinali.

Il programma di stabilizzazione prevede 5 livelli di addestramento basati sulla capacità dell’atleta di eseguire esercizi in 8 categorie:

1)   Esercizi di isometria per la muscolatura addominale

2)   Addominali

3)   Ponte

4)   Prono

5)   Quadrupede

6)   Esercizi per le spalle

7)   Palla

8)   Esercizi aerobici.

 

FATTORI OBBIETTIVI PER IL RITORNO A GIOCARE DOPO LESIONE SPINALE O CHIRURGIA SPINALE.

Le decisioni sono complesse e devono essere individualizzate caso per caso. Si prendono in

considerazione l’età dell’atleta, la patologia spinale, il tipo di intervento chirurgico (fusione o decompressione), fattori radiografici, tipo di attività sportiva.

L’atleta è pronto per riprendere l’attività sportiva se:

1)   Ha completato ad un livello adeguato il programma di stabilizzazione del tronco

2)   Ha completato gli esercizi specifici dello sport praticato

3)   Ha raggiunto un livello appropriato di condizionamento aerobico per quello sport

4)   Se pratica lo sport a tempo pieno

5)   Se ritorna in progressione con limiti dei minuti giocati

6)   Se si impegna a proseguire gli esercizi di stabilizzazione dopo il ritorno all’attività sportiva.

 

FRATTURA SACRALE DA STRESS.

La frattura sacrale da stress si presenta con lombalgia, dolore gluteo o coxalgia.

L’esordio può essere acuto o insidioso. La ritroviamo molto frequentemente nei maratoneti ed è più frequente nelle donne. Spesso è presente una dolorabilità in regione sacroiliaca, con poisitività delle manovre provocative. Evoca dolore lo stare in piedi sulla gamba del lato colpito. Le radiografie dirette non sono sufficientemente sensibili per consentire di diagnosticare fratture precoci da stress. La modalità di imaging di scelta è la risonanza magnetica, mentre la TC è meno sensibile della RM.

Terapia: limitazione dell’attività, comprendente un periodo di astensione dal portare pesi, seguito da un programma riabilitativo.

Si possono prendere in considerazione esami di laboratorio per valutare osteopatie metaboliche: calcemia, fosfatemia, fosfatasi alcalina, ormone paratiroideo, vitamina D e TSH.

Il trattamento è non chirurgico, periodo di riposo seguito dal ritorno ad una attività a basso impatto fino a riprendere la normale attività atletica.

La prognosi è buona e gli atleti tornano di solito allo sport dopo 8 settimane.


copertina.jpg

Cos’è SEQEX?

È un apparecchio che crea un debolissimo campo elettromagnetico pulsato di Ionorisonanza Ciclotronica su tutto il corpo del paziente, allo scopo di favorirne i processi di guarigione. Il corpo umano è dotato d’ottime capacità autoriparative: Seqex mediante specifiche e testate frequenze, può aiutare a stimolare, a riattivare questi naturali processi d’autoriparazione e rigenerazione dei tessuti.
L’apparecchio brevettato Seqex è un’assoluta innovazione tecnologica e scientifica nel settore della terapia con campi magnetici pulsati. Il trattamento erogato non è invasivo ed è basato su un sistema in grado di dialogare con il corpo del paziente personalizzando il trattamento.

Come funziona?

Quando un tessuto è stressato significa che i potenziali elettrici delle membrane cellulari che lo costituiscono sono alterati. In termini semplici possiamo paragonare ogni cellula alla batteria del nostro telefonino: quando si scarica, l’apparato emette segnali d’avvertimento, se non provvediamo alla ricarica il telefonino smette di funzionare.
Analogamente nelle nostre cellule con una bassa carica elettrica diminuisce anche la capacità di nutrirsi e di espellere le tossine. Durante questo processo sono lanciati segnali d’allarme che il nostro cervello interpreta come sintomi.
L’invecchiamento, i traumi, la presenza di virus, batteri e tossine o la formazione di radicali liberi possono costituire la causa dell’alterazione dei potenziali elettrici. Quando ciò accade il corpo perde la capacità d’autoriparazione e compare dolore, infiammazione, calo dell’efficienza e sintomi vari.

 

Gli effetti

La Ionorisonanza Ciclotronica è un trattamento per accrescere la vitalità, accelerare i processi di guarigione, favorire il metabolismo cellulare e riequilibrare la bilancia ossidativa (antiossidante).
Può essere favorevolmente impiegata come applicazione non invasiva e di supporto ai trattamenti
classici in vari casi come ad esempio:

 Sintomo dolore – da quello osteoarticolare all’infiammazione del trigemino, dai dolori neurologici a quelli muscolari.

 Rigenerazione – applicabile nei casi di frattura o ferita sia di origine traumatica che chirurgica.

 Sindrome ansioso/depressiva – mens sana in corpore sano; così dicevano i latini ed infatti migliorare lo stato di salute può aiutare a recuperare un migliore tono psicologico.

 Miglioramento del sonno – durante il sonno si riattivano i meccanismi riparativi naturali, dormire meglio significa aiutare la guarigione.

• Metabolismo – le frequenze di Seqex possono favorire il nutrimento e la detossinazione delle cellule di tutto il corpo aiutando il metabolismo cellulare e le funzioni di organi e tessuti.

• Digestione – il trattamento può inoltre stimolare la peristalsi intestinale favorendo così una migliore digestione ed assorbimento delle sostanze nutritive così come una più equilibrato PH intestinale.

 Anti invecchiamento – i radicali liberi sono il killer numero uno delle nostre cellule.
Ricerche condotte dal Prof. R. Rossi della clinica Universitaria di Perugia hanno dimostrato che la ionorisonanza svolge una funzione di equilibrio della bilancia ossidativa riducendo il danno cellulare causato dai radicali liberi.

SEQEX può aiutare anche me?

La terapia di risonanza di ciclotrone aiuta a riattivare gli scambi e la disintossicazione delle cellule, dei tessuti ed apparati di tutto il corpo.
Seqex può giovare in sostanza ad ogni individuo, sia come trattamento principale o di supporto, sia per ridurre dolori ed infiammazioni, sia come prevenzione ed aiutare a ritrovare efficienza e vitalità.

Come avviene il trattamento?

Ogni individuo risponde al trattamento in modo diverso. Per questa ragione Seqex è dotato di un sistema di test per individuare quali sono i segnali elettromagnetici più efficienti e consente quindi di programmare una terapia personalizzata.
La seduta è effettuata normalmente vestiti e distesi sopra una stuoia che contiene le bobine che generano il campo magnetico.

Quanto dura una seduta?

Normalmente la durata di una seduta varia da nove a trentasei minuti. Sarà in ogni caso il medico dopo la visita a prescrivere la durata ottimale.

Quante sedute dovrò fare? E dove?

È ancora il medico a stabilire il numero di trattamenti, in genere per i problemi recenti è sufficiente un ciclo di una decina di sedute da eseguire due o tre volte in settimana presso un centro SEQEX.
Per disturbi di più vecchia data come nel caso di quelli cronici o degenerativi o per pazienti con difficoltà di spostamento è consigliabile effettuare le sedute anche a casa utilizzando un apparecchio domiciliare sempre sotto controllo del medico.

Ma come si può quantificare il grado di benessere?

Con Seqex si fece un uso ingegnoso dell’impedenziometria per l’intero corpo, una quantità rapidamente misurabile che è ampiamente usata in tutto il mondo per accertare lo stato di salute. Si scoprì così che l’impedenza del corpo cambia dopo l’applicazione su tutto il corpo di segnali ICR e che questi cambiamenti possono essere benefici per il paziente.
In questo modo fu assegnata all’impedenza individuale il valore di Fattore di Benessere personale.
Su base molecolare, non dovrebbe sorprendere che le frequenze magnetiche ICR possano alterare l’impedenza totale del corpo, dacché l’impedenza include sia componenti resistive che capacitive. La reattanza capacitiva più importante del corpo è principalmente dovuta al doppio strato di lipidi dei mille miliardi di cellule che costituiscono il corpo e c’è accordo generale tra i teorici che il luogo dell’interazione ICR sia molto probabilmente la membrana cellulare.
In pratica, viene misurato il Fattore Benessere e si utilizza un computer per determinare quali frequenze ICR sono richieste per rettificare questo fattore e questi segnali sono poi applicati.

 

 

 


sciatalgia.jpg

1.0 IL TRATTAMENTO CHIRURGICO D’EMERGENZA.

Le indicazioni per il trattamento chirurgico d’emergenza sono limitati a quelle situazioni di patologia degenerativa spinale in cui un ritardo dell’intervento può portare a sequele potenzialmente catastrofiche ed irreversibili.

Per la verità sono situazioni di raro riscontro nella pratica clinica. Gli scenari più tipici sono la sindrome della cauda equina ed il deficit radicolare motorio progressivo.

La sindrome della cauda equina è una evenienza rara nella quale la maggior parte delle radici nervose della cauda equina vengono improvvisamente compresse con repentina perdita della funzione motoria, della sensibilità in sede perineale, delle funzioni sfinteriche (vescica e/o intestino) e sessuali.

Il deficit radicolare motorio progressivo è una situazione patologica simile, caratterizzata da un deficit motorio progressivo agli arti inferiori, correlato alla compromissione radicolare di una o due radici nervose. Il quadro di maggior frequenza è il “piede cadente” da compressione delle radici L5 e/o L4.

La gravità del quadro clinico è espressa dai gradi del MANUAL MUSCLE TESTING (MMT) secondo la Medical Research Council Scale:

0         NESSUNA CONTRAZIONE MUSCOLARE

1         TRACCE DI CONTRAZIONE

2         MOVIMENTO ATTIVO, NON ANTIGRAVITARIO

3         MOVIMENTO ATTIVO CONTRO GRAVITA’

4         MOVIMENTO ATTIVO CONTRO GRAVITA’ E RESISTENZA

5         FORZA MUSCOLARE NORMALE

Nella maggior parte dei casi entrambe le situazioni cliniche riconoscono come causa un’ernia discale acuta con compressione radicolare, specie se l’esordio dei sintomi è improvviso. Possono esservi altre cause quali cisti sinoviali, stenosi lombare, spondilolistersi e altre patologie compressive quali infezioni e tumori.

L’imaging radiologico di scelta è la risonanza magnetica. Lo standard of care sia della sindrome della cauda equina che del deficit radicolare motorio progressivo è la decompressione chirurgica precoce , cioè entro 48 ore. Anche un recupero funzionale parziale , in questi pazienti, fa la differenza nella vita di tutti i giorni.

 

1.1 IL TRATTAMENTO CHIRURGICO IN ELEZIONE.

Per quanto riguarda le indicazioni alla chirurgia, non sono stati identificati fattori predittivi che possano determinare quali pazienti probabilmente miglioreranno per proprio conto e quali trarranno vantaggio dalla chirurgia. La maggior parte dei casi (oltre l’ 85% a 6 settimane) dei pazienti affetti da lombalgia (compresi quelli in cui la lombalgia è dovuta alla presenza di un’ernia discale) si risolvono da sé con il trattamento conservativo.

Le indicazioni chirurgiche in pazienti con un’ernia discale sono:

1)        fallimento del trattamento non chirurgico per il controllo del dolore dopo 5-8 settimane: oltre l’85% dei pazienti miglioreranno senza intervento chirurgico in un periodo di 6 settimane (il 70% in 4 settimane). Il paziente deve essere sintomatico e i suoi sintomi devono collimare con i reperti dell’esame obbiettivo e di neuro-imaging. Ci si deve ragionevolmente attendere che l’intervento chirurgico migliorerà i sintomi del paziente ed il suo stato funzionale. Infine, ciò che ci si attende come miglioramento deve giustificare i rischi di complicanze chirurgiche.

2)        EMERGENT SURGERY, cioè prima delle 5-8 settimane. Nella sindrome della cauda equina, nel deficit motorio progressivo.

3)        URGENT SURGERY : quando il dolore resta intollerabile nonostante una adeguata terapia analgesica con oppioidi

4)        Nei pazienti che non accettano un trial di trattamento non chirurgico.

Nei pazienti affetti da discopatia degenerativa ad uno o a due livelli e con dolore lombare cronico persistente da oltre 2 anni gli interventi di fusione – confrontati con una intensa terapia fisica – comportano – dopo 2 anni –  un miglioramento molto modesto. Per quanto riguarda l’ernia discale con dolore e sintomi radicolari i risultati a distanza – confrontati con la terapia conservativa –  sono di interpretazione non completamente chiara.

Il candidato “ideale” potrebbe essere un paziente affetto da dolore all’arto inferiore irradiato al dorso del piede, ipostenia della dorsi flessione dell’alluce, ipoestesia nel primo spazio interdigitale e netta positività della manovra di Lasègue diretta e crociata, con ernia del disco in L4-L5. in questo caso i reperti clinici e radiologici delineano una compressione della quinta radice lombare. Altre caratteristiche del paziente ideale sono un forte desiderio di ritornare a lavorare, l’assenza di cause legali o di rivendicazioni assicurative nel proprio ambito lavorativo e l’assenza di fattori psicologici negativi, quali la depressione. Anche in questi casi – tuttavia – restano senza risposta alcuni quesiti relativi a QUANDO pianificare in modo ottimale l’intervento chirurgico, QUALE tecnica adottare per la discectomia e COME delineare la riabilitazione post-operatoria.

Purtroppo solo pochi pazienti possono essere considerati “ideali”. La maggior parte di essi presenta segni incompleti di deficit sensitivo e motorio. Mentre da una parte ciò rende più difficile supportare l’indicazione chirurgica, dall’altra questa situazione non rappresenta una controindicazione alla chirurgia e le casistiche riportano percentuali di successo di circa l’85% in pazienti con segni incompleti di deficit sensitivo e/o motorio.

OPZIONI CHIRURGICHE.

Il trattamento chirurgico elettivo della radicolopatia da ernia discale è rappresentato dalla decompressione diretta della radice tramite asportazione dell’ernia. Il termine discectomia è quello più largamente impiegato per descrivere l’intervento di escissione dell’ernia discale. Ancora oggi la terminologia non è uniforme e i termini di erniectomia (“sequestrectomy” della letteratura anglo- sassone) o discectomia parziale sono talvolta utilizzati in alternativa. La discectomia può essere distinta in standard (con incisione classica e visualizzazione diretta dell’ernia) e microdiscectomia (con l’ausilio del microscopio e accesso con incisione cutanea di dimensioni inferiori).

La scelta della metodica può dipendere dalle preferenze e dall’esperienza del chirurgo, dalle risorse disponibili e dai quadri anatomo-patologici (ernie discali a più livelli, ernie migrate, ernie associate a stenosi con necessità di foraminotomie ecc.). La discectomia consiste nell’asportazione isolata dell’ernia, venendo talvolta denominata discectomia parziale o selettiva oppure erniectomia o sequestrectomia; l’asportazione può essere associata anche a trattamenti aggiuntivi a carico del disco, prendendo il nome di discectomia completa o radicale oppure di svuotamento del disco o crettage.

Una volta presa la decisione di intervenire chirurgicamente, esistono varie opzioni:

A) Discectomia standard aperta (il 65% – 85% dei pazienti non avevano dolore radicolare un anno dopo l’intervento mentre nella conservativa solo il 36%). I risultati a lungo termine (>1 anno) erano uguali.

B) E’ simile alla procedura standard ma impiega una incisione più corta. L’efficacia complessiva è simile alla discectomia standard. E’ da preferire per la minore invasività sulla colonna ed è oggi considerato il gold standard.

C) Erniectomia: non sono state evidenziate in letteratura sostanziali differenze di risultato (dolore residuo, recupero funzionale, durata dell’ospedalizzazione, complicanze e recidiva dell’ernia) fra interventi di asportazione del solo materiale discale erniato rispetto alla erniectomia associata al curettage del disco. La scelta quindi può variare in rapporto ai quadri clinici e all’esperienza del chirurgo.

D) Procedure intra-discali (chemionucleolisi; nucleotomia percutanea, discectomia intradiscale endoscopica percutanea; terapia endotermica intradiscale IDET; decompressione discale con laser. Le procedure intradiscali sono molto controverse. Il vantaggio teorico riguarda l’assenza di cicatrice epidurale e l’incisione cutanea è molto corta o addirittura puntiforme.

Il dolore post-operatorio dovrebbe essere ridotto come pure la degenza ospedaliera (spesso le procedure sono effettuate in regime ambulatoriale). Problemi aperti: rimuovono materiale discale al centro dello spazio intervertebrale – che non provoca sintomi e si basano sulla riduzione della pressione intradiscale per decomprimere la porzione erniata di disco dalla radice. Le metodiche intradiscali sono indicate in circa il 10% – 15% dei pazienti candidati all’intervento chirurgico. Complessivamente, le procedure intradiscali non trovano indicazioni in quanto mancano trials rigorosi e controllati. I sostenitori delle ISP (INTRADISCAL SURGICAL PROCEDURES) le propongono nei casi di ernie contenute, soprattutto in L4-L5 e non nei pazienti con grave deficit neurologico.

Il NORTH AMERICANSPINE SOCIETY COVERAGE COMMITTEE nel 2014 ha dichiarato che ad oggi la decompressione discale con laser non trova indicazioni, in mancanza di trials clinici di elevata qualità. Per quanto riguarda la discectomia lombare endoscopica percutanea, essa è essenzialmente una procedura intradiscale indicata soprattutto per ernie discali contenute, sebbene possano essere rimossi piccoli frammenti discali non contenuti. Ad oggi mancano studi ampi e randomizzati per comparare questa tecnica con la discectomia open standard (con o senza microscopio).

L’IDET è efficace nel 23% – 60% dei pazienti a 1 anno per il trattamento del dolore discogeno (pazienti affetti da lombalgia cronica).

La chirurgia dell’ernia discale è indicata se la sciatica non si risolve in 6-8 settimane ed ha una percentuale di successo > 80% (dolore e disabilità). Se l’intervento viene effettuato precocemente il recupero del disturbo motorio è più veloce.

La laminectomia per l’ernia discale è stata introdotta nel 1934. La microdiscectomia è oggi la metodica più frequente.

La tecnica mini-invasiva della discectomia intralaminare trans-muscolare tubolare è stata introdotta nel 1997 con l’intento di sostituire la dissezione muscolare sottoperiostea mediante un approccio trans-muscolare, cioè separando le fibre muscolari. L’uso del retrattore tubolare per la chirurgia lombare è stato descritto da Foley e Smith aveva come scopo il superamento delle limitazioni della nucleotomia percutanea e dell’approccio trans-foraminale endoscopico percutaneo. In particolare Foley aveva sperimentato l’impossibilità di decomprimere adeguatamente la radice nervosa con la nucleotomia con il risultato di dover rioperare parecchi pazienti.

Il sistema consiste in una serie di dilatatori concentrici e retrattori tubulari di varia lunghezza. L’accesso alla colonna avviene attraverso una dilatazione seriale fra i fasci muscolari.

Lo spessore del retrattore è di 0.9 mm e definisce un corridoio chirurgico attraverso i muscoli paraspinosi. Il retrattore tubolare viene mantenuto fisso mediante un braccio articolato riposizionabile, collegato al tavolo operatorio. Le strutture della linea mediana restano intatte.

L’intervento può essere eseguito usando il microscopio operatorio, gli occhialini di ingrandimento, l’endoscopio come singoli strumenti o una combinazione di tecniche. In teoria ciò dovrebbe comportare un minor danno tessutale con maggior velocità di recupero. Se confrontata con la metodica tradizionale, i risultati sono simili.

Vantaggi delle tecnica con retrattore tubulare:

  • riduzione del dolore post-operatorio
  • mobilizzazione più veloce
  • ospedalizzazione ridotta
  • ritorno al lavoro e alle attività quotidiane più veloce

 

In un lavoro multicentrico in doppio cieco sono stati confrontati gli esiti a distanza su due popolazioni di pazienti: 167 casi operati con discectomia tubulare e 161 operati con microdiscectomia convenzionale.

L’esito principale era la valutazione funzionale (roland-morris disability questionnaire) per la sciatica a 8 settimane e a 1 anno dopo la randomizzazione.

A 1 anno di follow up sono state osservate differenze statisticamente significative a favore della microdiscectomia convenzionale, che peraltro comporta una minor incidenza di recidive (7%) versus l’11% della tecnica tubolare.

Una alternativa alla microdiscectomia convenzionale e mediante retrattore tubolare è rappresentata dalla DISCECTOMIA ENDOSCOPICA TRANS-FORAMINALE PERCUTANEA (PTED). Questa tecnica comporta un accesso percutaneo laterale attraverso un canale di lavoro trans- foraminale.

Il confronto mediante rassegna sistematica fra la microdiscectomia convenzionale e la PTED riguardante i risultati fondamentali (dolore lombare e dolore radicolare) non evidenzia differenza fra PTED e microdiscectomia convenzionale.

Un altro aspetto della chirurgia del disco lombare riguarda l’alternativa fra la rimozione del solo frammento estruso (sequestrectomy nella letteratura anglo-sassone) e lo svuotamento dello spazio intervertebrale.

La rimozione del solo frammento estruso è particolarmente indicata quando il difetto annulare è piccolo. Ciò può comportare una maggior percentuale di recidive, controbilanciata – tuttavia –  da minor dolore lombare post-operatorio e da una migliore conservazione dell’architettura rachidea. Studi sistematici recenti dimostrano che gli effetti sul dolore radicolare e lombare sono simili, come pure l’esito funzionale. Anche le complicanze sono uguali.

Attualmente il gold standard è rappresentato dalla microdiscectomia con asportazione del frammento estruso senza svuotamento dello spazio intervertebrale. Resta una opziona valida la terapia conservativa protratta.

 

COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA STANDARD.

La mortalità è di circa 6 decessi ogni 10 mila casi operati, legati a setticemia, infarto del miocardio o embolia polmonare

Complicanze frequenti:

  • infezione. Le infezioni possono essere cutanee superficiali (0.9% – 5%). Rischio aumentato nel
  • paziente anziano, dopo somministrazione cronica di steroidi, nel paziente obeso e forse nel p. diabetico. Le infezioni profonde incidono per <1%. (discite, ascesso spinale).
  • Aumento del deficit motorio: dall’1% all’8%. Il deficit può essere transitorio.
  • Durotomia: 0.3% – 13%. Il rischio sale al 18% nei re interventi. La fistola liquorale che necessita di una riparazione chirurgica si verifica in circa 10 casi ogni 10 mila interventi. Lo pseudo meningocele può verificarsi nello 0.7% – 2% dei casi. Dal punto di vista radiologico è simile all’ascesso epidurale spinale.
  • Recidiva dell’ernia : nello stesso livello 4% dei casi entro 10 anni di follow up. Ritenzione urinaria post-chirurgica: è di solito temporanea.

 

Complicanze infrequenti:

  • lesioni di strutture anteriori al corpo vertebrale: grossi vasi (aorta per interventi sopra L4; arterie iliache_; vena cava, vene iliache comuni); ureteri, intestino ileo.
  • Meningite
  • Sindrome della cauda equina
  • Aracnoidite post-chirurgica.

 

 





Contatti


Telefono: 0521 133 0104
Email: info@centromedicosanrocco.it



Privacy


Copyright © 2022 Centro Medico San Rocco
Privacy & Cookie Policy.




Il Centro Medico San Rocco è a Colorno in Viale San Rocco n.1. Siamo aperti dal Lunedì al Sabato. Siamo specializzati in fisioterapia e riabilitazione.



Social


Facebook

facebook.com/CentroMedicoSanRocco


Google

Centro Medico San Rocco



Contatti


Per qualsiasi informazione sui nostri servizi, su tamponi o per prenotazioni, non esitate a contattarci. Il nostro staff saprà rispondere ad ogni vostra esigenza.

Chiama lo 0521 133 0104 o scrivici a info@centromedicosanrocco.it